Volevo solo giocare a calcio by Pierdomenico Baccalario

Volevo solo giocare a calcio by Pierdomenico Baccalario

autore:Pierdomenico Baccalario [Baccalario, Pierdomenico]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788852018930
editore: Mondadori
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


10

Passa un anno. E quello che era un quartiere fantasma, d’erbaccia e polvere, comincia a popolarsi. Diventa un barrio. Un quartiere vero della città. Le case spuntano una dopo l’altra, a volte baracche per nutrire il prossimo uragano, a volte villette basse, con gli archi e il portico davanti. Arrivano molti ragazzi della nostra età. Si sente ridere per le strade. Rotolano le lattine vuote, i palloni, i fogli di giornale. I cani sembrano meno rachitici e meno randagi, e si accoccolano sulle solette di cemento, a prendere il sole.

Qualcuno decide i nomi delle vie. Si formano dei crocicchi, con i funzionari del municipio, in giacca e cravatta, con la fronte sudata, che guardano gli incroci e scrivono sui loro quaderni. Arrivano delle camionette cariche di numeri, da appiccicare accanto alla porta.

In fondo alla discesa della nuovissima «via José Rosini», una traversa di quello che era il nostro lotto selvaggio, viene allestito alla meno peggio un campetto da calcio. È di terra nuda, con le porte di legno e le traverse sbilenche. Quando piove si trasforma in un pantano. Se la palla va fuori, nell’erba alta, può volerci più di mezz’ora per ritrovarla.

È meraviglioso.

Edievaldo e io ci andiamo una domenica, subito dopo la messa. Ci troviamo in una quindicina di ragazzi divisi in varie squadre che si sfidano a turno: chi segna e vince resta, chi non ce la fa deve lasciare il posto alla squadra successiva.

Li sentiamo gridare da due strade di distanza.

«Possiamo giocare anche noi?» chiedo. «Siamo appassionati di calcio!»

«Nostro padre è un grande centrocampista» dice Edievaldo.

«Ce l’avete una squadra?» chiede un ragazzo tracagnotto con la maglia a righe.

«Siamo noi due» rispondo.

Lui mi indica gli altri ragazzi che corrono dietro al pallone. «Oggi non lo so. Le squadre sono complete e voi siete solo in due. Non potete giocare solo in due.»

«E dai» insiste Edievaldo. «Guarda che siamo bravi.»

«Immagino» dice l’altro con poca convinzione. «Però dovete avere una squadra, per giocare.»

Una squadra significa cinque giocatori.

Ci sediamo nell’erba ad aspettare un’occasione per scendere in campo.

Ma quel giorno non giochiamo.

E la stessa situazione si ripete la domenica successiva, e quella dopo ancora. Stiamo a guardare, non ci parlano e non ci fanno giocare. Sembra impossibile farsi accettare dal quel gruppetto. E sembra che il campetto sia roba loro.

«Io lo so perché non ci vogliono» borbotta Edievaldo. «Pensano che siamo schiappe. E siccome chi perde lascia il campo, non possono rischiare.»

Ha ragione, penso.

Solo che noi non siamo schiappe. Ci ha insegnato a giocare papà.

Edievaldo si alza, va dal tipo tracagnotto che ha ancora la maglia a righe (ce l’ha sempre, e probabilmente è l’unica che ha) e gli chiede un pallone per palleggiare un po’, mentre aspettiamo.

«Ne abbiamo solo uno, mi dispiace» risponde l’altro. Poi una delle squadrette segna e il tracagnotto entra in campo coi suoi quattro amici per sostituire la squadra perdente.

Mettono a centrocampo un vecchio pallone di gomma mezzo sgonfio.

Edievaldo sbuffa e torna a sedersi accanto a me.

«Il capo ha detto no» mormora, deluso.

«Non preoccuparti. Domenica prossima riusciamo a giocare» gli rispondo.



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